mercoledì 27 marzo 2013

Occhi di bue al limone



La Pasqua si avvicina, so già che in un batter d'occhio sarà passata ed io non me ne sarò neppure accorta. Intanto, da una settimana a questa parte, percepisco nell'aria la peculiare atmosfera pasquale. Ogni festività ha una sua atmosfera, determinata da elementi diversi, ed è una sensazione difficile da spiegare a parole: è come se ogni festa avesse il suo profumo. Io ai profumi sono molto legata, anche a questo devo il nome del mio amato blog: ai profumi do attenzione e associo immagini e ricordi. Quando penso alla Pasqua mi viene in mente la mia Pasqua in Svizzera, durante la mia infanzia. Lì è molto sentita: si fa una sorta di caccia al tesoro, più propriamente alle uova! I bambini, investigatori per un giorno, corrono nei prati in cerca dei nascondigli in cui "i grandi" hanno celato le loro sorprese di cioccolato. Io amavo questo gioco, ricordo la gioia, l'euforia e l'esultanza. Era un giorno adorabile e la Pasqua diventava indimenticabile. Quando avrò dei nipoti vorrei ricreare la stessa emozione nei loro visi. Un altro ricordo è legato a questa festa e alla ricetta semplicissima che oggi mi andava di proporvi. A Pasqua mia nonna faceva gli occhi di bue al limone: mio nonno adorava i limoni (soprattutto quelli autentici di Sicilia) e detestava la marmellata, perciò, quando qualche zio dalla Sicilia ci veniva a trovare lassù, portandoci come omaggi i profumati limoni siciliani, simbolo di nostalgie piacevolissime a quel tempo, per chiunque immigrato, mia nonna era pronta, col suo mattarello, a preparare questi biscotti memorabili, che anche quest'anno non ho potuto non riproporre alla mia famiglia. 


La crema al limone per farcirli la faceva lei, ma io non ho voluto cercare di rifarla, per non violare il ricordo dolcissimo di qualcosa di remoto che rimarrà indelebile ed insostituibile: per questo motivo ho usato un prodotto dell'azienda Bacco, una crema al limone raffinatissima che mi ha proprio convinta e che ho ritenuto perfetta per questa ricetta, data la somiglianza con "l'originale". Intrisi di ricordi sinceri sono questi occhi di bue, pur nella loro essenzialità. Per me Pasqua è anche questo ed ho voluto esprimervelo a parole e su un piatto da dolce.  

Ingredienti (per circa 30 biscotti)
Per la pasta frolla
- 350 gr di farina 00 (io Molino Chiavazza)
- 125 gr di zucchero
- 125 gr di burro
- 2 tuorli
- 1 uovo intero
- scorza grattuggiata di 1 limone
Per la farcia
- 1 barattolo di Cremosa di Bacco al Limone
Per la decorazione
- zucchero a velo q.b.

Preparazione. Su una spianatoia mettete la farina, il burro freddo tagliato a tocchetti. Con le mani cercate di mischiare il tutto, lasciando l'impasto un po' "sabbioso", non amalgamato. Al centro mettete lo zucchero, i tuorli e l'uovo intero, infine la scorza grattugiata di un limone. Impastate bene il tutto, ottenendo una pasta frolla liscia ed omogenea. Ricoprite con della pellicola e lasciate in frigo per almeno una mezzora. Quando è ben fredda, stendete col mattarello una sfoglia di circa mezzo centimetro di spessore. Con le formine (di diametri diversi, uno più grande, l'altro più piccolo) realizzate i vostri cerchi, alcuni senza il buco, altri sì. Metteteli su una teglia ricoperta di carta forno e infornate a 170° per circa 10 minuti. Appena sono pronti (non fateli troppo dorati), sfornateli. Quando saranno freddati, spalmate un po' di crema sui biscotti interi. Ponete su di essi i biscotti col buco, già spolverizzati con lo zucchero a velo (in questo modo eviterete di sporcare la crema centrale). Bon appètit.

Con questa ricetta partecipo al Contest: La ricetta della tua infanzia

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Con questa ricetta partecipo al Contest: Color Food


domenica 24 marzo 2013

Mini-cheesecake al mandarino



La primavera è arrivata. La sento spalancare le finestre ed entrarmi dentro. La sento scuotere gli alberi e le loro deboli foglie. La sento nelle nuvole e sui marciapiedi. La sento nei respiri, nelle parole, nel profumo, nel sole. La vedo mescolarsi alle rose del giardino, prendersi gioco del cielo che si fa più azzurro. La vedo nel tepore che si addentra nel petto, nell'inverno che si affretta a sparire, nella nostalgia che lascia il posto alla freschezza di nuovi momenti di vita. E la percepisco nei colori. Ieri l'ho percepita nell'arancione vivace di questi mandarini e ho voluto immortalarla, ho voluto plasmarla, ho voluto prenderne un pezzo e assaggiarla. Che gusto ha la Primavera? Io adesso lo so: sa di vita che rinasce, di speranze rinnovate, di sogni soffici, di fresche essenze, di refrigerio spirituale, di un amore nuovo. E sento dentro tutta la Primavera, sento dentro il vento e i petali dei fiori, sento dentro l'aria e il polline, sento dentro l'odore e il sapore dei mandarini di casa mia. Spero che dalla foto capiate quanto siano belli e quanto mi abbiano colpito. Il periodo della loro maturazione è proprio questo, alle porte della Primavera, e non ho potuto non usarli per una ricetta. E sulla tipologia del piatto non ho fatto discussioni: una semplice e fresca cheesecake, nient'altro. Devo ammettere che questa è la prima volta che la faccio. Mi son detta tante, tantissime volte di provarla, ma non c'è mai stata l'occasione giusta. Adesso l'ho trovata, adesso che è Primavera, adesso che spira un vento profumato, adesso che i rami si colorano, come tele lasciate da parte, con la tavolozza della natura. La cheesecake, originaria del mondo statunitense, è ormai entrata a pieno titolo nella pasticceria europea e molteplici sono le varianti, riguardo al formaggio da usare e alla base di biscotto. Io non ho voluto usare la Philadelphia  perché volevo ottenere un gusto più delicato, senza acidità. Optando per il mascarpone, ho realizzato la mia Primavera in un dolce morbidissimo. Assaggiate anche voi, non abbiate timore: la Primavera aspetta che voi la gustiate.


Ingredienti
(dosi per uno stampo a cerniera di diametro 16)
Per la base
- 150 gr di biscotti secchi (tipo Oro Saiwa)
- 80 gr di burro
- succo di 1 mandarino
- 1 cucchiaio di farina di mandorle
Per la crema
- 250 gr di mascarpone
- 150 gr di panna da montare
- 160 gr di La cremosa di Bacco - Mandarino
- 1 cucchiaino di zucchero a velo
Per la decorazione
- 1 mandarino
- 1 cucchiaio di zucchero
- acqua q.b.

Preparazione. Tritate nel mixer i biscotti, aggiungetevi la farina di mandorle e mescolate il tutto con del burro fuso e con il succo di un mandarino. Imburrate lo stampo a cerniera e ricopritelo con la carta a forno. Stendete la base alla superficie, schiacciando bene. Ponete in frigo per almeno mezzora. Nel frattempo montate la panna assieme allo zucchero a velo. In una ciotola mescolate il mascarpone con la Cremosa di Bacco al mandarino. A questo aggiungete la panna, facendo attenzione a non smontarla. Tirate fuori dal frigo lo stampo con la base e riempitelo con la vostra crema, livellandola bene. Lasciate freddare per almeno quattro ore. Per decorarla potete caramellare degli spicchi di mandarino con dello zucchero e un po' d'acqua. Servite ovviamente fredda ai vostri ospiti. Bon appètit. 


Con questa ricetta partecipo al Contest: I cook international



martedì 19 marzo 2013

PerBacco: Zuccotto croccante al pistacchio



Bronte è la casa del pistacchio, che è un bene inestimabile, una gemma bella e preziosa, una goduria per tutti i sensi. Questo oro verde-smeraldo, che trova la sua famosissima sede nella zona brontese, è uno dei prodotti principali dell'Azienda Bacco, con cui ho instaurato una collaborazione seria e piacevole. Per l'occasione ho pensato ad alcune leccornie particolari e golose, che man mano vi posterò, in cui tento di rendere giustizia a una serie di prodotti dolciari e culinari che mi hanno lasciato senza parole e con l'acquolina in bocca per la bontà, la raffinatezza, la genuinità. Oggi ho voluto preparare uno zuccotto (rigorosamente al pistacchio, ma ci tengo a precisare, come più in là vi mostrerò, che l'Azienda Bacco è specializzata anche in molto altro, in tante, luminosissime materie prime, anche e soprattutto siciliane, naturalmente): mia madre li adora, ne fa sempre di mille tipi diversi, ma io li faccio raramente (già bastano i suoi ad essere buonissimi!). Anche io ho voluto cimentarmi e ho cercato di creare un dolce che fosse una nuvola sofficissima, dal sapore unico, ma dal tono deciso, grazie a pezzetti di torrone di pistacchi (altra leccornia per cui mi romperei tutti i denti se fossi vecchiotta, anche soltanto per il gusto di mangiarlo tutto, tant'è buono!). Assaggiate anche voi questo mio zuccotto e fatevi ammaliare dall'irresistibile essenza del pistacchio. 


Ingredienti (dosi per quattro zuccotti)
Per il pan di spagna
- 4 uova
- 200 gr di farina 00
- 200 gr di zucchero
- 1 bustina di vanillina
- 1 bustina di lievito per dolci
- 4 cucchiai d'acqua
Per la bagna
- 1 bicchiere d'acqua
- 1 cucchiaio di zucchero
- 1 pizzico di cannella
Per la crema
- 250 gr di panna da montare
- 1 cucchiaio di zucchero a velo

Preparazione. Cominciate dal pan di spagna. Separate in tuorli dagli albumi. Montate quest'ultimi a neve e metteteli da parte. Ai tuorli aggiungete lo zucchero, sbatteteli con le fruste elettriche fino ad ottenere un composto spumoso e biancastro. Aggiungete qui i quattro cucchiai d'acqua e, sempre mescolando, la vanillina,la farina, il lievito e gli albumi. Usate a questo punto una spatola per non smontare il tutto. Infornate in una teglia ricoperta di carta da forno a 180° per circa 20/25 minuti. Appena pronto, lasciate raffreddare. Adesso montate la panna con un cucchiaio di zucchero a velo. Aggiungete la crema di pistacchio La favolosa di Bacco e spezzettate il torrone. Prendete una piccola boule di vetro dal diametro di circa 12 cm, ricopritela di pellicola (e fatela fuoriuscire un po'). Tagliate il pan di spagna a fette spesse un centimetro e adagiatele all'interno della boule, facendole aderire bene. Spruzzate il pan di spagna così disposto con la vostra bagna (la ottenete facendo bollire dell'acqua con zucchero e cannella, lasciandola poi raffreddare, per usarla adesso). Al centro riempite con la vostra crema di panna, pistacchi e torrone spezzettato. Chiudete con altre fette di pan di spagna, spruzzate di nuovo con la bagna. Con la pellicola che fuoriesce chiudete bene il tutto. Ponete la boule nel freezer per quindici minuti. Allora capovolgete e cospargete tutta la cupola con uno strato della vostra crema. Spolverate bene con la farina di pistacchio e qualche pezzettino di torrone per guarnire. Servite freddo lo zuccotto ai vostri ospiti. Bon appètit.

mercoledì 13 marzo 2013

Fideuà del capitano



<< La cambusa era in fermento, ma dentro le pentole non bolliva ancora niente. Ramiro, il povero cuoco di bordo, ne aveva abbastanza, si era proprio stufato. Ad alta voce, facendosi sentire da tutta la ciurma, intenta ancora alla pesca, e munendosi di mestolo di legno in segno di solennità, giurò che non avrebbe mai più, in vita sua, cucinato della paella. E aveva tutte le ragioni per indignarsi, il povero Ramiro, sfiancato nella sua fantasia culinaria dalla monotona fame del capitano Fernando. Egli era un'ottima forchetta, questo non si poteva negare, ed apprezzava sempre il suo cibo. Il problema era un altro: mangiava solo paella, a pranzo, a cena, e, qualche volta, in casi di grande abbondanza, anche a colazione. Era un paella-dipendente e Ramiro doveva disintossicarlo a tutti i costi, anche perché questa storia della paella gli dava il voltastomaco, cosa che nemmeno gli urti della nave gli provocavano ormai da tempo. Si mise, allora, a pensare. Mancavano solo due ore al pranzo e il capitano Fernando canticchiava al timone, pregustandosi la paella fresca del suo cuoco fidato. Questi non voleva di certo farlo irritare, dati i precedenti: una volta, a causa di scarsità di gamberi, Ramiro gli aveva servito una paella priva di questi freschissimi pesci, e per poco non lo gettava in mare per farlo annegare volutamente, per la sfacciataggine di presentare una paella senza gamberi, una cosa inaudita! La questione era, quindi, urgente e delicata: come variare il pasto di quel giorno, creando un piatto nuovo, un po' vicino ai gusti rigidi del capitano, senza ferirne l'orgoglio e senza provocare da sé la propria morte?
Si sedette su uno sgabello naturalmente traballante e cominciò a pensare di essere finito in un vicolo cieco. Il caso volle che passò da quelle parti un peschereccio della vicina Sicilia. I due capitani si conoscevano e la pesca venne momentaneamente interrotta per scambi cordiali di cortesia e discussioni accese tipiche dei marinai. Anche Ramiro uscì allo scoperto, andando incontro alla ciurma siciliana. Fu in quel momento che vide una donna dalla pelle dorata per il sole cocente, le labbra rosate e le membra calienti. Quella era Donna Rosalia, la cuoca dei pescatori venuti dalla Sicilia. Ella fece un occhiolino a Ramiro, il quale immediatamente arrossì. Scappando come un fanciullo alle prime armi, si rintanò nella cambusa, tremando per l'amore e per la paura: non vedeva un'esemplare del gentil sesso da troppi giorni e non poteva non dirsi spacciato, venendo a sapere che spagnoli e siciliani avrebbero pranzato assieme ciò che lui avrebbe cucinato. Cosa, era il problema. Paella, dite? Non se ne parla, si disse Ramiro, non cederò alle lusinghe della monotonia. Ma poi, disilluso, scoppiò a piangere come un neonato. Una mano calda gli tolse le lacrime e gli accarezzò il mento dalla barba ispida, non fatta. Donna Rosalia gli donò un bacio e gli disse che aveva una buona idea per aiutarlo. Si misero ai fornelli. La siciliana, muovendosi sinuosamente e ammiccando, si occupò dei calamari, del brodo, del finocchietto selvatico e di alcune sarde prese dalla sua cucina di bordo. A Ramiro fece spezzettare degli spaghetti provenienti dall'Italia, dei pomodori rossi come le sue labbra. Il piatto fu pronto in un batter d'occhio, come quello luccicante di Donna Rosalia. Ramiro tremava e un altro bacio di passione lo rinvigorì e gli infuse il coraggio necessario. Il capitano Fernando sedeva col suo compare e lodava le facoltà culinarie del suo Ramiro, specializzato soprattutto in paelle divine, a suo dire. Ramiro deglutì, guardò preoccupato Donna Rosalia e sospirò. Davanti al piatto di fideuà - così Donna Rosalia aveva suggerito di chiamare la ricetta - i marinai non seppero resistere: vuotarono tutto e chiesero il bis. Lo sguardo del capitano, che ancora divorava forchettate in silenzio, terrorizzava Ramiro. Appena ebbe finito, fece solo una cosa, senza parlare: applaudì. Iniziò lui, e poi gli altri lo seguirono. Tutta la ciurma applaudiva, tutta la ciurma era entusiasta. Donna Rosalia fece un altro occhiolino al suo Ramiro, soddisfatta. Solo allora il capitano Fernando, facendo un brindisi e fermando la caciara, disse a squarciagola: "Da domani fideuà per tutti, ragazzi!" E da quel giorno, su quella nave proveniente dalla soleggiata Gandia, si mangiò soltanto fideuà, e soltanto quella. >>

Anche per l'MTC di Marzo, ho voluto giocare un po' con le parole, per esprimere la mia gioia nel mescolare tradizioni e storie di verse, sempre all'insegna di una sana contaminazione (in questo caso, la fideuà originale e alcuni ingredienti tipici siciliani, che con un piatto mediterraneo come questo non possono non andare a nozze). Ricamare sulla leggenda della nascita della fideuà è stato divertentissimo, pertanto spero che vi piaccia la mia rivisitazione letteraria, ma anche culinaria, s'intende. E' proprio vero che l'MTC è un viaggio continuo: grazie a Mai, questo mese siamo in Spagna, miei cari, e la fideuà sa di mare, di sole, di natura, di genuinità. E' un piatto radioso secondo me, ecco perché ho voluto dargli uno spirito positivo e forte, come la mia storia. Adesso non ci resta che vedere come si fa questa Fideuà del capitano. Mi raccomando: se è di vostro gradimento, applaudite al cuoco Ramiro! 

Ingredienti 
- 500 gr di spaghetti spezzettati (fideus)
- 4 pomodori maturi
- 1 spicchio d'aglio
- 350 gr di calamari
- 350 gr di sarde
- 1/2 cucchiaino di paprika dolce
- 1 pizzico di pistilli di zafferano
- sale e pepe
- 1 punta di zucchero
- 1 manciata di pinoli
- 1 manciata di uva sultanina
- finocchietto selvatico q.b.
- pangrattato tostato q.b.
- olio evo q.b.
Per il brodo di verdure
- 3 l di acqua
- 1 cipolla bionda
- 1 gambo di sedano
- 2 carote
- 1 gambo di prezzemolo
- sale 
Per la salsa
- 2 spicchi d'aglio
- 1 manciata di pinoli
- 2 filetti d'acciuga sott'olio
- finocchietto selvatico q.b.
- 1 tuorlo d'uovo
- olio evo q.b.

Preparazione. Occupatevi del brodo. Lavate e mondate le verdure, ponetele in una pentola con l'acqua e fatele cuocere a fuoco lento per almeno un'ora. Salate e mettete da parte. Nel frattempo spezzettate i vostri spaghetti (fate dei fideus di circa 3 cm). Pulite e sfilettate le sarde, lavate e tagliate ad anelli i calamari. Sbollentate i pomodori, sbucciateli e tagliateli a piccolissimi pezzetti. Lavate il finocchietto e dategli una rapida sbollentata. Scolate e mettete da parte. Tostate una manciata di pangrattato, mettete in acqua fredda l'uva sultanina per una mezzora e tostate anche i pinoli. Adesso interrompete la preparazione della fideuà, per preparare la salsa di accompagnamento, che sarà pronta al momento necessario. Con il frullatore ad immersione realizzate una sorta di salsa-pesto con pinoli, finocchietto selvatico sbollentato, due filetti d'acciuga, due spicchi d'aglio, un tuorlo e olio, da aggiungere man mano. Quando la salsa vi sembra della consistenza giusta, mettetela da parte. A questo punto cominciate, avendo ormai tutti gli ingredienti pronti, a realizzare la fideuà. In una paellera versate un filo d'olio, dove tostate gli spaghetti, stando attenti a non bruciarli. Metteteli da parte. Sempre nella paellera aggiungete dell'altro olio evo per soffriggere i calamari per qualche minuto, salando e pepando. Metteteli da parte. Versate un altro filo d'olio e soffriggete le sarde, per pochi minuti, da ambo i lati, senza romperle. Mettetele da parte. Adesso versate altro olio, soffriggete uno spicchio d'aglio tagliato finemente, aggiungete i pomodori, una punta di zucchero, una manciata di finocchietto e un primo mestolo di brodo. Quando questa salsetta si riduce, mettete lo zafferano e la paprika dolce. Aggiungete brodo abbastanza da cuocere la pasta: quando comincia a bollire, buttate gli spaghetti spezzettati e, sempre mescolando, cuoceteli. Man mano aggiungete mestoli di brodo, a seconda della necessità. Un paio di minuti prima della cottura completata, aggiungete i calamari, l'uvetta, e per ultime le sarde. Terminata la cottura (la mia è stata di circa 15 minuti), spolverate con del pangrattato tostato e aggiungete un po' di pinoli. Accompagnate la fideuà con la salsa con finocchietto e acciughe. Bon appètit!

Con questa ricetta partecipo alla sfida di Marzo dell'MTC: La fideuà




domenica 3 marzo 2013

Profumo di Sicilia { Speciale }: Cassata al forno



Non ho resistito. Non mi sono trattenuta. Non potevo non preparare la cassata. Lo so, lo so che dovevo scegliere una ricetta sola per ogni città, ma Palermo è il capoluogo di regione, quindi è giusto fare un'eccezione, mi è sembrato giusto organizzare un appuntamento "Speciale" con Profumo di Sicilia per parlare di qualcosa che è connaturato sì a Palermo, ma che è la più importante proprietà culturale, pittoresca, culinaria della Sicilia tutta, la cassata. Pertanto è questa la protagonista di questo Speciale (vi ricordo che potete accedere agevolmente a tutti gli altri appuntamenti mensili con le province, cliccando su Rubriche). Quella che stamattina ha monopolizzato la mia attenzione e tutta la mia pazienza (coi dolci ce ne vuole sempre troppa, mannaggia!) può essere considerata una nobilissima "antenata" della cassata classica che molto probabilmente vi aspettavate che io avessi preparato. Eh, no, miei cari, adesso vi spiego tutto per bene. Vi ho già raccontato di quegli invasori Arabi, no? Beh, non vi stupirete se adesso vi dico che a loro si deve l'invenzione di questo dolce strabiliante e risalente a tanti secoli fa, caspiterina! In effetti furono loro a fornire la Sicilia, e Palermo in particolare, di tutti gli ingredienti principali della ricetta originale: pensate allo zucchero di canna, ai limoni, al mandarino, all'arancio, alla profumatissima mandorla. Manca poco ed è quasi pronta una cassata rapidissima, direi. La ricotta, dite, manca la ricotta! No, quella non l'hanno portata gli Arabi (almeno questa ce l'avevamo già in Sicilia, mica si stava a bocca asciutta e con lo stomaco vuoto prima del loro arrivo!). 

Con tutte queste leccornie, si faceva proprio la Cassata al forno, ricoperta di pasta frolla. La leggenda narra che un arabo la preparò per la prima volta usando del formaggio fresco, forse la tuma, chiamando il dolce "Quas'at", ossia casseruola. Si dice che poi la ricetta venne modificata con la copertura in pasta frolla, infornando il tutto. Ecco perché vi parlavo di "antenata" della cassata universalmente conosciuta. Quest'ultima, invece, nasce da una rielaborazione normanna e spagnola, e prevede l'uso della frutta Martorana (bellissime ed adorabili riproduzioni in pasta di mandorla di frutta e altri soggetti di ogni tipo), del cioccolato (no, non può mancare mai!) e del pan di Spagna (ci vuole proprio un po' di sofficità quando si gusta!). Ma quando pensate alla Cassata Siciliana, cosa vi viene in mente? Sì, un dolce dai colori vivaci (arancione, verde e bianco predominanti) in una bella decorazione elegante, tipica: ecco, questa visione dell'immaginario collettivo la dovete a Salvatore Gulì, pasticcere che la realizzò così per un'esposizione dolciaria a Vienna nel 1873 e che influenza la sua preparazione e presentazione ancora oggi. Naturalmente non sto qui a spiegarvi come si fa, poiché io ho voluto prepararvi quella più antica, la sua progenitrice, ecco, a cui sono molto legata. La bontà di questo dolce (in entrambe le varianti, ovviamente) è infallibile ed inconfondibile: quando ne assaggiate una fetta, potete percepire la freschezza della ricotta, il tocco forte del cioccolato, il pizzichio zuccheroso dei canditi, la croccantezza della frolla e il lato morbido del pan di Spagna. Davvero, non c'è goduria migliore, non c'è bellezza più speciale. Speciale, appunto, come l'appuntamento doppio con Profumo di Sicilia di questo mese. Adesso lasciatemi descrivere le fasi di preparazione, ché, altrimenti, mi viene voglia di mettermi a setacciare ricotta e a stendere pasta frolla per prepararne un'altra per domani (e allora tutta la mia famiglia sarà destinata ad un diabete sicuro, dato che la cassata che vedete in foto è già sparita tutta quanta in meno di una giornata!). Spero di non avervi annoiato, e, anzi, di avervi messo l'acquolina in bocca (la cassata, chiunque la faccia, fa quest'effetto!) e di avervi fatto innamorare di un pezzo di Sicilia.

Cassata al forno

Ingredienti
Per il pan di Spagna
- 3 uova
- 150 gr di farina 00 (io Molino Chiavazza)
- 150 gr di zucchero 
- 3 cucchiai di acqua
- 1 bustina di lievito per dolci
- 1 pizzico di sale
Per la pasta frolla
- 400 gr di farina 00 (io Molino Chiavazza)
- 4 tuorli d'uovo
- 225 gr di zucchero
- 225 gr di burro 
- 3 cucchiai di marsala
- 1 pizzico di sale 
Per il ripieno
- 600 gr di ricotta di pecora
- 4 cucchiai di zucchero a velo
- 150 gr di canditi
- 150 gr di cioccolato fondente
Per la decorazione
- zucchero a velo q.b.
- cacao amaro in polvere q.b.

Preparazione. Cominciate dal pan di Spagna. In due ciotole dividete gli albumi dai tuorli. I primi montateli a neve ben ferma, con un pizzico di sale, i secondi sbatteteli con fruste elettriche, aggiungendovi lo zucchero, l'acqua, la farina, il lievito e infine, con la spatola, gli albumi a neve senza farli smontare. Imburrate e infarinate una teglia antiaderente di circa 25 cm e versatevi il composto. Infornate a 180° per circa 20 minuti (fate sempre la prova dello stecchino). Sfornate e lasciate raffreddare. Nel frattempo preparate la pasta frolla. Fate una fontana con la farina. Aggiungete un pizzico di sale, al centro mettete lo zucchero, la marsala, i tuorli d'uovo. Mescolate con l'aiuto di una forchetta, aggiungete il burro freddo tagliato a tocchetti. Impastate tutto velocemente ottenendo un panetto compatto e omogeneo, da ricoprire con pellicola trasparente. Ponetelo in frigo a riposare per almeno un'ora. In una ciotola versate la ricotta per setacciata e aggiungetevi lo zucchero a velo, 50 gr di cioccolato fondente tagliato a scaglie. Mescolate bene. Ponete in frigo. Quando il pan di spagna è ormai raffreddato e la pasta frolla è pronta, potete passare al procedimento dell'assemblaggio della cassata. Su una spianatoia prendete un po' più del vostro panetto di frolla, e stendetelo coprendo il fondo e i bordi di una teglia antiaderente di 25 cm, imburrata ed infarinata. Sul fondo mettete il pan di spagna tagliato a metà (vi servirà solo questa), sopra di esso mettete 100 gr di cioccolato fondente tagliato a scaglie, i canditi, la ricotta che avevate messo in frigo. Stendete il resto del panetto di pasta frolla e ponetelo come coperchio della cassata. Unite bene ai bordi. A questo punto, usando la punta di un coltello, infilzate in più punti la superficie della cassata (ciò serve per non farla gonfiare troppo). Infornate a 170° per circa 45/50 minuti (deve essere dorata). Lasciate raffreddare e capovolgete la vostra cassata aiutandovi con un piatto di supporto. Spolverate di zucchero a velo e cacao amaro, sbizzarrendovi a vostro piacere (io ho tagliato delle foglioline di carta da forno e, spolverando, ho lasciato la traccia sulla superficie). Bon appètit, e buona cassata. 

Con questa ricetta partecipo al Contest: La ricotta


sabato 2 marzo 2013

Profumo di Sicilia: Panelle palermitane



Con tanta gioia vi do il benvenuto al sesto appuntamento con la rubrica che ormai sta dandomi diverse soddisfazioni, anche perché vi vedo interessanti e apertamente sensibili alla cultura culinaria siciliana. Profumo di Sicilia mi porta ogni mese a pensare, scegliere e assaggiare un pezzo della mia regione, cimentandomi a volte, come stavolta, con piatti sempre conosciuti, ma mai preparati prima dalle mie mani. Anche questo mese ne ho approfittato, e il fritto è tornato a "profumare" la mia cucina. Ma non bruciamo le tappe. Partiamo delle presentazioni, come si conviene. La provincia, a cui è dedicato l'appuntamento di Marzo, è Palermo, il capoluogo della Sicilia. Il fascino della città è di certo dovuto al suo passato movimentato, alle sue radici storiche, una costante importantissima nell'analisi della realtà siciliana, mix di culture, personalità e tradizioni: la presenza di fenici, arabi, normanni e spagnoli segnano il destino e il carattere di Palermo. Essendomi documentata sull'origine del nome (cosa che ho fatto anche per le altre province, perché penso che sia qualcosa di interessante ed emozionante), pare che i Fenici la chiamassero Zyz, ossia "fiore", forse per il fatto che i due fiumi che circondano Palermo rendevano la conformazione del posto simile ad un fiore. Ciò mi è sembrato molto suggestivo e non potevo non farvelo sapere. Artisticamente, quindi, le dominazioni e l'influenza orientale prevalente hanno lasciato tracce evidenti nei principali siti della zona palermitana. Una cosa che di Palermo non si può proprio non notare, poiché evidentissima e sovrastante, è il Monte Pellegrino, assolutamente bellissimo, imponente e visibile da ogni punto della città. Goethe, avendo fatto il suo Gran Tour come ogni giovane europeo di un certo rango, lo definì il più bel promontorio del mondo, pensate un po'! Tante sono le feste caratteristiche di Palermo, perché, come ormai avete imparato, la Sicilia è folclore, movimento, danza, tradizione, simbolo e calore: si pensi alla grande processione in onore della santa patrona Rosalia. Moltissime sono le personalità, in arte, politica e letteratura, legate a Palermo, ma mi va di ricordarvi due comici veri, stelle di un cinema sano e elevato, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, pietre miliari della risata più intelligente. Bene, sorridendo passiamo a parlar di cucina. Non sto a dirvi che la cassata siciliana è il dolce più rappresentativo di Palermo e della Sicilia tutta, ma mi è sembrato più opportuno concentrarmi su un altro aspetto culinario: la Sicilia è una delle patrie italiane del più autentico street food. Un esempio sono le panelle, le protagoniste di questo appuntamento: frittelle di farina di ceci e prezzemolo. In pratica è una specie di polenta, tagliata a quadrotti e fritta. I siciliani DOC la mangiano dentro panini morbidi ricoperti di sesamo (le cosiddette "mafalde ca' ciciulena"). E' stato divertentissimo prepararle e gustarle: dentro rimangono morbide, fuori croccanti grazie alla frittura. Sono semplici, sostanziose e corpose, danno energia e riempiono subito lo stomaco (ideale per uno spuntino improvviso o per una cena alternativa, quando non si ha voglia di mangiare primo, secondo e altro). Ora vi spiego come si fanno. 

Panelle palermitane 



Ingredienti
- 500 gr di farina di ceci (io ho usato Molino Chiavazza)
- 1.5 di acqua
- 1/2 cucchiaino raso di sale
- manciata di pepe
- prezzemolo q.b.
- olio di arachidi per friggere

Preparazione. In una pentola versate la farina, l'acqua, il sale e il pepe. Mescolate bene. Mettete sul fornello e, sempre mescolando con la frusta, fate in modo di ottenere un impasto compatto e omogeneo, stando attenti a non farlo attaccare al fondo. Appena vedete che si stacca un po' dai bordi, aggiungete del prezzemolo tritato, mescolate ancora e versate questo composto su un piano ricoperto di carta da forno. Stendete con l'aiuto di un cucchiaio di legno, realizzando un rettangolo grande dello spessore di 1 cm. Quando si è raffreddato, tagliatelo a quadrotti, nelle dimensioni che volete. Friggete le panelle ad una ad una in olio bollente, ambo i lati, e, quando sono dorate, adagiatele su della carta assorbente. Servite calde (magari dentro una buona "mafalda"). Bon appètit, e al prossimo appuntamento con Profumo di semplicità.

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