lunedì 8 luglio 2013

Frittatine di ricotta al forno


E' il sole a mettere a dura prova le mie prestazioni fotografiche. Io sistemo tutto: il piatto, le posate, i ninnoli che ho scelto per la composizione. E aspetto la luce giusta. No, niente magie da fotografa provetta, non ne sono capace e non ho i mezzi adatti (la reflex è diventata un sogno lontano?). Diciamo che m'arrangio. Io , in ogni caso, aspetto la luce. A volte attendo che il sole cocente se ne vada. Altre volte un raggio di sole proprio mi ci vorrebbe. Il sole gioca con me, coi miei scatti: ci inseguiamo come se giocassimo a nascondino. Guarda che ti prendo, oggi. Nessuna illuminazione divina, magari qualche accecamento, questo ve lo assicuro! Il Sole d'estate è di certo il più birichino. Anche se oggi è stata una giornata nuvolosa (tuoni e lampi, fulmini e saette hanno fatto un bel concerto e, scusate il gioco di parole, mi hanno lasciato sconcertata!), il Sole, senza che io me ne fossi accorta, si è insinuato nel mio obiettivo. Ho scattato le foto stamattina e parecchie nuvole coprivano la zona in cui doveva esserci il Sole. Ma poi è spuntato con tutta la sua grazia e la sua prepotenza, coi suoi raggi dorati e la sua caparbietà celestiale. Mi hai stanato. Allora troverete un po' di luce nelle mie foto: la luce è sempre meglio delle tenebre e rischiarare è un atto d'amore e di verità. E poi, dicendovela io la verità, a me le frittate hanno fatto sempre pensare al Sole di mezzogiorno. Quel loro tocco dorato mi sa di Sole. Avranno anche il suo sapore? Questo post, come avete capito, ha deciso di brillare un po' ed è giusto farlo risplendere a voi. Vi invito allora a gustarvi queste frittatine di ricotta al forno che io ho trovato davvero congeniali per questa giornata (non c'era troppo caldo ed ho potuto accendere il forno con tutta tranquillità). Sono veloci, facili, sfiziose al punto giusto. E poi sono allegre. Come il Sole, no?


Ingredienti
- 3 uova
- 2 albumi
- 250 gr di ricotta di pecora
- 1 cucchaio di prezzemolo tritato
- 12 olive verdi snocciolate
- sale e pepe q.b.
- burro q.b.



Preparazione. In una terrina sbattete le uova e la ricotta. Aggiungete prezzemolo, olive tagliate a rondelle, sale e pepe, gli albumi ben montati a neve (facendo attenzione a non smontarli). Imburrate delle piccole pirofile o stampini, versatevi il composto. Infornate a 170° per venti minuti circa. Quando sono ben cotte, sformate le frittatine e servitele calde o fredde. Bon appétit.

Con questa ricetta partecipo al Contest Ricette e Ricotta
Categoria Finger Food Salati


venerdì 5 luglio 2013

Famiglia è pane appena sfornato


I ricordi della famiglia. Non basterebbe un album di foto a rimembrare tutto il passato: una baraonda di emozioni, un miscuglio di esperienze, un alveare di disavventure. La famiglia ha il sapore del pane sfornato. Ecco, proprio così. Famiglia è pane appena sfornato. Profumo di casa. Vaso di rose appassite dal tempo. Carezza lontana di bimbo. Lacrima e sorrisi. Dolori e speranze. Famiglia è la tavola apparecchiata, i piatti da lavare, le briciole sul divano, l'abbraccio del mare. Famiglia ha il gusto delle cose semplici, ha l'aroma dei giorni passati insieme. Famiglia è colorata: c'è il rosso di una sbucciatura infantile, il giallo di una maglietta sporca di gelato alla vaniglia, il verde d'un amore sempre vivo. Famiglia, in ogni caso, è pane appena sfornato. Si prepara e poi s'inforna. Si ammira e si apprezza. Si spezza e si condivide. Si assaggia e si divora. Famiglia è la sicurezza del domani, il conforto di ciò che è stato. Ogni famiglia è a suo modo, come un pane che si rispetti: avrà il suo odore, e sarà inconfondibile; avrà la sua consistenza, e sarà indimenticabile; avrà il suo sapore, e sarà per sempre. Famiglia è pane appena sfornato di cui si hanno scorte infinite nelle intricate dispense del cuore: non ci si sazia mai della famiglia. Se ci si allontana, si soffre. Se ci si avvicina, si ha il bisogno di un bis.

Io ho voluto concretizzare tutto questo, preparando dei finger food molto gustosi, con olive, pancetta affumicata e pomodoro, farciti con dell'ottima crema di ricotta di bufala all'erba cipollina. Condividere anche con voi (oltre che con la mia famiglia) questa ricetta sarà per me un onore ed una grande gioia. Prendete un bocconcino di pane e assaporate il vostro soggettivo senso di famiglia.

Ingredienti 
Per i bocconcini di pane
- 350 gr di farina tipo O (Molino Chiavazza)
- 125 gr di latte tiepido
- 1 uovo medio
- 1 cucchiaino di zucchero
- 1/2 cubetto di lievito di birra
- 1 cucchiaio di olio EVO
- 60 gr di pancetta affumicata
- 10 olive verdi denocciolate
- 4 pomodorini ciliegino
- sale q.b.
Per spennellare
- 1 tuorlo d'uovo
Per la farcitura
- 350 gr di ricotta di bufala
- erba cipollina q.b.
- 1 cucchiaio di prezzemolo tritato
- 2 tuorli sodi
- sale e pepe q.b.

Preparazione. Sul piano di lavoro fate con la farina una fontana: in un angolo mettete un pizzico di sale, al centro l'olio e l'uovo. Nel latte tiepido aggiungete lo zucchero e fate sciogliere il lievito. Mescolate. Versate al centro della fontana e impastate il tutto, lavorandolo bene fino ad avere un panetto compatto, liscio ed omogeneo. Copritelo con della pellicola e fatelo lievitare per almeno un'ora (il volume deve raddoppiare). Appena è lievitato, stendete l'impasto e mettete al centro le olive tagliate a pezzi, la pancetta affumicata tritata finemente, i pomodorini, precedentemente tagliati, salati e ben strizzati. Amalgamate il tutto impastando. Coprite di nuovo con della pellicola e fate lievitare nuovamente per almeno 45 minuti. Quando il panetto sarà di nuovo lievitato, prendete un po' d'impasto e formate delle palline (ne potreste ricavare circa venti). Adagiate queste su una teglia ricoperta di carta forno. Spennellate la superficie col tuorlo sbattuto e infornate a 220° per circa 15/20 minuti. Appena sono cotti e ben dorati sfornateli. Metteteli da parte. Passate alla farcitura. Sbriciolate i due tuorli sodi in una terrina. Mescolate questi alla ricotta di bufala, ben lavorata. Aggiungete il prezzemolo tritato, l'erba cipollina. Salate, pepate, mescolate tutto molto vigorosamente. Formate una crema liscia e ben omogenea. Se è troppo consistente, aggiungete un filo d'olio EVO. Usando una sac à poche, riempite i vostri bocconcini di pane tagliati quasi a metà. Servite e bon appétit. 


Con questa ricetta partecipo al Contest: Ricette e Ricotta
Categoria Finger Food Salati con Ricotta di Bufala

 

giovedì 4 luglio 2013

Tu es mon petit chou.


Tu es mon petit chou. Apparentemente sembrerebbe un po' un insulto. Letteralmente, "Tu sei il mio piccolo cavolo", non è che suoni proprio bene, avete ragione. Ma se pensate ai bigné (anche detti petits choux), allora il significato di quest'espressione appare manifestamente con tutta la sua dolcezza e tenerezza. "Tu sei il mio piccolo tesoro", dovremmo tradurre, o una cosa del genere. E' una frase molto tenera, a mio parere. I miei parenti, in Svizzera, la usano parecchio, soprattutto coi bambini. Ed ogni volta che mangio un bigné, penso: "Tu es mon petit chou". Sarebbe bello da dire tra fidanzati, magari si fa anche colpo, chi lo sa (oppure, se uno dei due partner sa cosa voglia dire realmente chou, può anche darsi che si arrabbi un po', all'inizio, no?). E, secondo voi, questi petits choux, che ho preparato con le mie manine, non sono degni di essere "il mio tesoro"? Okay, così sembra troppo "stile - Il signore degli anelli"! Gollum/Smigol mi chiederà i diritti d'autore, che ne dite? Speriamo di no. Allora vi regalo questi "tesori", la cui ricetta (semplicissima e notissima) spero custodirete e proverete. 
P.S. Ecco l'attimo della tenerezza: Voi, tutti voi che mi leggete, siete i miei "petits choux".


Ingredienti
Per la pasta choux
- 100 ml di acqua
- 100 gr di burro
- 100 gr di farina
- 1 pizzico di sale
- 3 uova (grandi)
Per la crema pasticcera
- 500 ml di latte
- 150 gr di zucchero
- 1 pizzico di bacca di vaniglia
- 1 pizzico di sale
- 60 gr di farina
- 4 tuorli d'uovo
Per la glassa di copertura
- 80 gr di cioccolato fondente 75% Venchi
- 1 cucchiaino di zucchero a velo
- 1 noce di burro
Per la cremina d'accompagnamento
- 60 gr di cioccolato fondente 75% Venchi
- panna liquida fresca q.b.


Preparazione. Cominciate dalla crema pasticcera. Al latte aggiungete 75 gr di zucchero, la bacca di vaniglia, il pizzico di sale. Mettete sul fuoco e portate ad ebollizione. Nel frattempo, in una ciotola sbattete i tuorli con il rimanente zucchero e la farina. Incorporate il latte caldo, mescolate bene e riversate nel pentolino. Mettete nuovamente sul fuoco e, sempre mescolando, aspettate che la crema si addensi. Spegnete il fornello e mettete la crema da parte. Se fate quest'operazione un giorno o la sera prima, vi trovate avvantaggiati, dal momento che la crema pasticcera verrà usata fredda. 
Passate alla pasta choux. In un pentolino mettete acqua, burro, sale. Portate ad ebollizione. Allora togliete il pentolino dal fuoco e aggiungete la farina, mescolando con l'aiuto della frusta. Mettete il pentolino nuovamente sul fuoco (moderato), mescolate fino a quando l'impasto si stacca facilmente dalle pareti del pentolino. Spegnete il fornello, lasciate raffreddare. Quando il composto diventa semi-freddo, aggiungete un uovo alla volta. Lavorate bene con la frusta per far assorbire il primo uovo, aggiungete il secondo, mescolate di nuovo e solo dopo aggiungete il terzo uovo. Risulta una pasta liscia, omogenea e consistente. Mettete questo impasto in un sac à poche dal beccuccio non troppo largo. Formate dei piccoli ciuffetti sparsi su una teglia coperta di carta da forno. Infornate a 200° per circa 20 minuti. Fate ben attenzione a dorarli bene. Vi consiglio, poco prima di sfornare, di prenderne uno, aprirlo e vedere che dentro sia ben asciutto. Se così, potete tirare fuori i vostri petits choux. Metteteli da parte e fateli raffreddare. Appena sono freddi, con l'aiuto di un sac à poche col beccuccio allungato e piccolo, fate un forellino e riempiteli di crema pasticcera, che avete tirato fuori dal frigo e lavorata un po' con le fruste elettriche (così sarà più morbida ed agevole). Mi raccomando, non rompete i bignè, durante questa operazione. 


A questo punto preparate la glassa. A bagnomaria mettete il cioccolato, la noce di burro e un cucchiaino di zucchero a velo. Mescolate bene il tutto, fino ad ottenere una cremina lisca ed omogenea. Prendete ciascun bigné e, capovolgendoli, immergete la punta in questa glassa. Ponete i petits choux nel frigo, almeno una mezz'ora prima di servirli. Come cremina di accompagnamento, molto deliziosa e goduriosa (mentre ci siamo, facciamo le cose per bene ed intingiamo il bigné anche qui!), sempre a bagnomaria, mettete in un pentolino il cioccolato fondente spezzettato e, a vostro piacere e secondo la consistenza che desiderate, aggiungete la panna, mescolando sempre. Accompagnate con questa cremina (quasi calda) i vostri petits choux ripieni di crema pasticcera. Bon appètit.

Come potete vedere, non ho proprio resistito!

domenica 30 giugno 2013

Profumo di Sicilia: Cannoli con ricotta

La Sicilia splende e non acceca mai. Gli occhi la guardano e l'anima risponde. Il sole l'illumina e il Mediterraneo la culla. L'afa la soffoca e il tramonto la rende regina. La tradizione le scotta la pelle, l'antichità le soffia all'orecchio. Ogni sasso è lava dell'Etna, ogni limone è un gioiello da custodire. 

Questa è la poesia che m'ispira la mia Sicilia, parole che vanno ben oltre il loro significato, parole che sanno di salsedine e rosmarino, di oliva e uva, di zagara e di arancia, di mare e di terra. L'appuntamento con Profumo di Sicilia è stato per me un viaggio nella mia regione, un contatto diretto con le città che la caratterizzano, con i piatti che più la rappresentano. E' stata una nuotata nel Mar Mediterraneo, una passeggiata su un carretto tutto dipinto. Scendere non si può, anche se oggi la Rubrica giunge al termine. Non si va via dalla Sicilia: essa splende sempre e non acceca mai. 

L'ultimo viaggio di questo mese (e mi scuso tanto di aver ritardato così prima di postare questa ricetta - prendete questo ritardo anche come il desiderio di prorogare al più tardi possibile questa rubrica che ha trovato me e voi tanto partecipi!), come stavo dicendo, l'ultimo viaggio di questo mese lo facciamo a Trapani, l'ultima provincia siciliana di cui mi tocca orgogliosamente di parlare. La ricetta che ho abbinato non è solo tipica del trapanese, ma è un altro simbolo della Sicilia tutta: non mi andava di lasciare questa rubrica senza avervi mostrato, a modo mio, con la mia semplicità, uno dei dolci-simbolo di questa regione. Certo, sto parlando del cannolo! Ma vi tocca attendere un po': prima andiamo in giro per Trapani.





Il profumo di sale è proprio caratteristico di Trapani, chiamata anche "Città del Sale" per la presenza delle sue notissime Saline. A sovrastare la città e a giganteggiare su tutto il panorama intorno è il Monte Erice, simbolo di forza ancestrale e potenza antica, che rende pittoresca la visuale. Ad aggiungere fascino e bellezza alle diverse qualità della città vi sono le splendide spiagge, sottostanti le cinquecentesche Mura di Tramontana (fossi in voi, ci farei un pensierino per questa estate già cominciata!). Attività che da sempre sostenta e caratterizza la zona del trapanese è la pesca, soprattutto del tonno (con la famosa, anche se piuttosto cruenta, mattanza). Dal punto di vista gastronomico, parecchie, anche nel caso di quest'altra provincia siciliana, sono le specialità e i piatti tipici: pasta al pesto trapanese, couscous di pesce, pasta con le sarde e moltissimi altri piatti a base di pesce, naturalmente. Ad aggiungersi a questa lista, che potrebbe essere interminabile grazie alle diverse varianti e tradizioni, è, come già preannunciato sopra, il cannolo (si annoveri anche, tra i dolci-simbolo della Sicilia, la cassata siciliana, di cui trovate ricetta e altro in un questo appuntamento di Profumo di Sicilia). Pare che l'origine del cannolo fosse inerente alle festività carnevalesche: non è un caso che il Carnevale sia, quasi sempre, la culla di molte specialità siciliane (e non solo), dal momento che il Carnevale, il momento più destabilizzante e liberatorio dell'anno, era il periodo in cui ci si poteva "permettere" leccornie simili, eheh! Secondo qualche documentazione a noi pervenuta, pare che lo stesso Cicerone nutrisse grande "venerazione" a questo re della pasticceria siciliana, a cui ancora si porta grande rispetto. E' così buono, che non si può andare in Sicilia e non mangiarne uno! (Se andate in Sicilia, guai a non fare una sosta prolungata in qualche pasticceria rinomata - sarete considerati eretici se non vi sottoporrete al gusto di una cassata o di un eccellente cannolo!). Il cannolo, in poche parole, possiede un involucro di pasta fritta croccante, riempito di solito con ricotta di pecora (io lo preferisco davvero così), oppure (in varianti più "profane") con crema pasticcera o al cioccolato. Io non ho resistito, ed ho voluto preparare i cannoli. Di solito è mia madre ad occuparsi della loro preparazione: tanto di cappello, lei è proprio abituata a farli, da una vita. Io, modestamente, ci ho provato e, dalla vista e dal gusto, vi assicuro che non sono niente male. Prima di salutarvi e di lasciarvi il procedimento, vi invito (se non l'avete fatto) a leggere anche gli altri appuntamento precedenti di Profumo di Sicilia in Rubriche. La Sicilia vi fa una riverenza e vi aspetta. Spero che questa rubrica sia stata di vostro gradimento. Grazie a tutti quelli che mi hanno seguita in questa piccola grande esperienza. Grazie.

Cannoli con ricotta

Ingredienti
- 250 gr di farina 00
- 40 gr di burro
- 1 uovo medio
- 1 albume
- 1 cucchiaio di zucchero
- 1 cucchiaio di olio d'oliva
- 1 cucchiaino di cacao amaro
- 2 cucchiai di marsala
- 2/3 cucchiai d'acqua
- 1 pizzico di sale
- 1 pizzico di bicarbonato
Per friggere
- olio di semi d'arachidi q.b.
Per il ripieno
- 600 gr di ricotta fresca di pecora
- 60 gr di zucchero a velo San Martino
- 1 pizzico di cannella
Per la decorazione
- zucchero a velo q.b.
- farina di pistacchio q.b.
- cannella q.b.

Preparazione. Cominciate dall'impasto. In una ciotola mettete farina, zucchero, cacao, sale e bicarbonato. Mescolate bene. Aggiungete il burro a pezzetti, l'olio, e strofinate il tutto con le mani. Al centro mettete l'uovo, l'acqua e il marsala. Impastate fino a formare un panetto liscio, omogeneo ed elastico. Coprite con pellicola e mettete da parte per qualche minuto. Nel frattempo setacciate la ricotta, aggiungete lo zucchero a velo, la cannella e mescolate bene. Ponete in frigo questa crema liscia e vellutata. A questo punto prendete il panetto e stendete col mattarello una sfoglia sottilissima. Ricavate dei cerchi di circa 12 cm di diametro. Dall'impasto ne potete ottenere circa quindici. Riscaldate una pentola con bordi alti, piena d'olio di semi d'arachidi. Usando le cosiddette "canne" (non pensate male, voi!) che potete vedere in foto oppure i cilindri da cannolo in acciaio, appoggiate al centro di ciascuno il cerchio di pasta. Piegate i due lembi, bagnandoli con un po' di albume sbattuto. Premete i lembi, altrimenti il cannolo si aprirà. Friggete ad uno ad una in olio bollente, ruotandoli continuamente per non bruciarli. Sfilateli dal cilindro e scolateli in carta assorbente. Riempiteli della crema di ricotta con un sac à poche e decorate spolverando con zucchero a velo e cannella, e immergendo la punta dei cannoli in farina di pistacchio. P.s. Io non l'ho fatto, ma dentro il ripieno si possono mettere gocce di cioccolato oppure pezzi di canditi.
Bon appètit.

Con questa ricetta partecipo al Contest Ricette e Ricotta


venerdì 28 giugno 2013

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venerdì 21 giugno 2013

Due stampi, due ricette

Se hai voglia di stampini originali e funzionali, chiama Silikomart. Se hai voglia di produrre in poco tempo cioccolatini, muffins, cupcakes e gelati, chiama Silikomart. Se hai voglia di qualche risata e di semplici ricette, chiama Profumo di semplicità. 

Allora, sono stata persuasiva? Lo so, gli slogan non sono il mio forte e la mia capacità oratoria è andata a farsi friggere (a proposito, un bel fritto di pesce mi va proprio stasera! Ma questo non vi interessa, naturalmente!). Eppure, anche se io non sono una brava presentatrice (mi chiamerebbero per qualche programma di televendite? No, non lo credo fattibile!), a parte gli scherzi, Silikomart non ha proprio bisogno di elogi o persuasioni da retori stravaganti. Gli stampini in silicone (lo avevate capito dal nome, eh?) che mi sono arrivati per la collaborazione li ho apprezzati molto e per due motivi diversi: delle formine adorabili e adatte per i bambini con cui ho voluto preparare delle mini-angel cakes davvero soffici come nuvole e degli stampi da semifreddi o gelati con cui mi sono divertita un sacco, anche perché, diciamocelo pure, oggi è già Estate (almeno qui nella mia Sicilia) e un buon semifreddo, per di più al pistacchio, non lo si può negare a nessuno.

Semifreddo con yogurt e pistacchi



Ingredienti
- 100 gr di panna fresca
- 125 gr di yogurt al pistacchio
- 2 cucchiai di farina di pistacchio
- 3 cucchiai di zucchero
- 3 fogli di gelatina (colla di pesce)
- stampi (Silikomart, Easy Cream, Tango)

Preparazione. Ammollate la gelatina in un recipiente con acqua fredda. Quando è morbida strizzatela, e fatela sciogliere in un pentolino con due cucchiai di panna e lo zucchero. Quando sarà raffreddato, inserite lo yogurt e la panna ben montata. Mescolate il tutto con la spatola, non facendo smontare la panna. Infine aggiungete la farina di pistacchio. Versate il composto negli stampi. Lasciate in freezer per almeno due ore. Bon appètit.

Baby-mini-Angel-cake



Ingredienti
- 3 albumi d'uovo
- 50 gr di farina 00
- 60 gr di zucchero
- 1 bustina di vanillina
- 1,25 gr di Cremor Tartaro 
- 1 pizzico di sale
- stampi (Silikomart BabyLine, Happy Sea)

Preparazione. Con la frusta elettrica sbattete gli albumi a neve, assieme al Cremor Tartaro. Aggiungete poi zucchero e vanillina, sempre montando con le fruste. Con la spatola inserite la farina setacciata con un pizzico di sale: non smontate il composto. Versate il contenuto negli stampi, facendo attenzione a riempirli tutti, premendo bene. Infornare a 170° per circa 15 minuti. Sfornate e date una spolverata di zucchero a velo. Bon appètit.

lunedì 17 giugno 2013

My Caesar Salad con Salsa Senza-Nome e crostini speziati


La Caesar Salad naque nelle cucine di un ristorante a Tijuana, in Messico, grazie alla fantasia e all'estro dello chef italiano Cesare Cardini, emigrato negli Stati Uniti, dove mostrò la sua bravura e le sue doti culinarie, pur mantenendo sempre costante il ricordo della tradizione del "Bel Paese". Detto questo, a mo' di sapientona tutto-sa-e-tutto-dice, ammetto che, naturalmente e senza falsità, nel momento in cui lessi della Caesar Salad (che già conoscevo di nome e mangiata anche varie volte e vista in parecchi programmi di cucina), designata come ricetta del mese di giugno, beh - diciamola tutta - non avevo idea di come, quando, e soprattutto da chi fosse nata. E, come quando ci si interroga sul proprio naso dopo avercelo avuto in viso per tutta la vita (in maniera pirandelliana, esattamente!), mi son chiesta perché "Caesar". Oh, ciascuno, nella propria mente, si dà le spiegazioni che trova, mica argomentazioni da sofista, ecco! La prima cosa che pensai fu (è ridicola, ma ci sto scrivendo un post, quindi ve la devo dire per forza!) a Giulio Cesare intento a cucinare con la venerabile Julia Child. Forse di questa "fantasia" avrà colpa anche mio figlio, che ogni tanto ho sentito disquisire su argomenti di letteratura latina antica. Allora mi va di espandere questa mia (errata) associazione di idee, dettata dall'ignoranza e da un pizzico di follia sana, in una cosuccia che, al sol pensiero, mi fa sbellicare dalle risate. Ve lo prometto: dopo parlerò della ricetta, ma, prima, godetevi un po' 'sta scenetta (alcune frasi sono state realmente pronunciate da Julia Child, quindi non date a me la colpa!)


- Il dado è tratto, donna! - esclamò Giulio Cesare entrando con prepotenza nella cucina di Julia Child, allestita per un nuovo appuntamento del programma televisivo The French Chef. Le telecamere si spostarono al suo passaggio, tutti rimasero sbalorditi dai calzari, dalla toga e dallo spadone che teneva alla cintura. Qualche paggio lo seguiva (Bruto non c'era, aveva una congiura da preparare) e spargeva petali di rose dappertutto, invitando i cameramen a inchinarsi davanti al divo Cesare. Julia Child si stava sistemando la sua acconciatura sbarazzina e ripassava qualche battuta in francese che le casalinghe americane, in ogni caso, non avrebbero affatto capito. Udito il richiamo del generale, subito accorse a vedere che succedeva. Lo vide mentre cercava di convincere la truccatrice a giocare a dadi con lui, e allora, sagace com'era, fece un cenno al cameraman di turno. - Siamo in Onda!- disse lui, accendendo la telecamera. A causa delle luci accecanti dello show, Cesare si coprì gli occhi con la tunica, così come avrebbe fatto per non vedere le pugnalate di parecchi congiurati (era un tipo ripetitivo, Cesare). - Benvenuti nella Cucina di The French Chef, casalinghe degli Stati Uniti d'America. Oggi abbiamo un ospite ad allietare la nostra cucina: ecco a voi Giulio Cesare! - disse con aria comica Julia Child. Una telecamera fece il primo piano del viso di Cesare: una smorfia fu visualizzata negli schermi vecchiotti di americani affamati di hamburgers. cesare non capì cosa succedeva, ma stese al gioco. - Donna, se vuoi la pace, preparami qualcosa di buono! - disse alla cuoca, avvicinandosi ai fornelli. - Oggi si prepara la Caesar Salad, caro ospite, quindi cominciamo subito dal pollo. Sai, Cesare, massaggio sempre il pollo con una generosa quantità di burro. Perché? Beh, credo che al pollo piaccia. E cosa ancora più importante, mi piace farlo!- esclamò prendendo un buon petto di pollo. 


- Farai il massaggio dopo avermi cucinato un buon pranzetto! Dai a Cesare quel che è di Cesare, donna! - le rispose come comandando una legione. Si misero insieme a tagliare lattuga, a cucinare il pollo, a preparare la salsa. Cesare osservava con aria stranita i movimenti della donna e, ogni tanto, dava uno sguardo a quegli aggeggi luccicanti e riflettenti che lo attorniavano come un gruppo di nemici. - Sei francese, donna? Dovresti leggere il mio De bello Gallico, invece di perder tempo a massaggiar polli - ridacchiò diretto alla Child, dato che stava canticchiando la Marsigliese a squarciagola. - In Francia, o come dici tu, in Gallia, ho imparato una cosa: se sei sola in cucina e ti cade l’agnello per terra, raccoglilo. Chi mai lo verrà a sapere? - disse guardando verso il cameraman. Cesare non approvò molto, ma aiutò la donna ad impiattare. Si spostarono allora in un'altra parte dello studio, adibito a ristorantino della Belle Epoque, con tanto di lampadari luccicanti e fumo nauseabondo di sigarette (Cesare pensò che ci fosse un incendio!). -Penso che ogni donna dovrebbe avere una fiamma ossidrica - disse, a quel proposito, la cuoca. Si sedettero con una Caesar Salad ciascuno e Cesare stava per cominciare a divorare tutto. Ma Julia Child lo fermò: - Saluta il pubblico delle casalinghe americane incompetenti, non è educato mangiare senza salutare! Cesare fece un cenno al cameraman e gli chiese un primo piano. Poi, trionfante come se avesse vinto una battaglia, disse a tutta voce: - Venni, vidi e Mangiai!

Io sto morendo dal ridere, ma adesso mi tocca ritornar seria (e sapientona?) per potervi illustrare la mia versione della Caesar Salad. Io ho usato, a parte gli ingredienti indicati da Leo, cetrioli, mandorle, una salsina carina carina (denominata Senza Nome, perché è stata frutto delle mie paturnie mentali, perché, se esiste già così, non ne ho la più pallida idea!) e dei crostini speziati homemade, ideali per un'insalata come questa, ma anche da soli, per uno squisito aperitivo. 

My Caesar Salad con Salsa Senza Nome e crostini speziati 

Ingredienti
Per la Caesar Salad
- 1 insalata trocadero
- 1 manciata di mandorle tostate
- 1 cetriolo lungo
- 1 petto di pollo
Per la Salsa Senza Nome
- 3 cucchiai di olio EVO
- 100 ml di panna liquida fresca
- 2 cucchiaini di maionese
- 2 cucchiaini di senape
- 3 gocce di Salsa Worcestershire
- aceto di mele q.b.
- pepe q.b.
- 1/2 cipolla piccola
Per i crostini speziati
- 250 gr di farina di semola di grano duro
- 100 ml di acqua tiepida
- 1/2 cucchiaino di zucchero
- 12 gr di lievito di birra
- 3 cucchiai di olio EVO
- 1 pizzico di sale
- 2 cucchiai di grana
- 1 cucchiaio di semi di sesamo
- 1 cucchiaio di origano
- sale e pepe q.b.
- (altro) olio Evo q.b.

Preparazione. Cominciate dai crostini. Fate una fontana con la farina, di lato un pizzico di sale. Nell'acqua tiepida mettete lo zucchero e qui sciogliete il lievito; al centro della fontana mettete l'olio d'oliva e quest'acqua col lievito. Mescolate e cominciate a impastare fino a formare un panetto liscio ed omogeneo, che ricoprite con un panno. Lasciatelo in un luogo asciutto per farlo lievitare per circa un'ora. Quando è raddoppiato, prendete un pizzico del vostro impasto e formate tante palline, più grosse di una nocciola. In una ciotola mettete dell'olio d'oliva, in un altro mescolate sesamo, grana, origano, sale, pepe. Prendete una pallina, schiacciatela, bagnatela da un lato solo nell'olio e appoggiatela nel miscuglio di spezie. Ponete i crostini su una teglia ricoperta da carta da forno. Schiacciate ancora delicatamente con la punta delle dite e con una forchetta punzecchiate la superficie. Infornate a 200-220° per circa 10 minuti (appena sono ben dorati e croccanti, tirateli fuori!). Passate al pollo. (Massaggiatelo, se vi va, come fa Julia Child!). Ponete il petto su una padella antiaderente precedentemente riscaldata. Fatelo ben cotta, da tutti i suoi lati, poi salate e pepate solo leggermente. Passate alla salsa Senza Nome. In un barattolo mettete insieme olio, senape, maionese. Mescolate. Aggiungete la panna, le gocce di Worcenstershire. Mescolate. Pepate e mettete anche un po' di cipolla tritata davvero finemente e l'aceto di mele a piacere. Ecco pronto il condimento. Ora lavate l'insalata, asciugatela bene e ponetela a fondo del piatto o dell'insalatiera. Inserite il petto di pollo tagliato a listarelle, i cetrioli a rondelle, le mandorle tostate e condite con la Salsa Senza Nome. Come al solito, ma oggi ancor di più, Bon appètit!

Con questa ricetta partecipo alla Sfida di Giugno dell'MTC, Caesar Salad



domenica 9 giugno 2013

Tarte tatin alle ciliegie


La tarte tatin mi ha sempre fatto simpatia. L'ho vista fare in televisione, preparata da eminenti e fantastiche blogger di fiducia, fotografata su libri di cucina che riempiono gli scaffali della mia memoria e della mia dimora. Eppure io non l'ho mai fatta. Qualcosa in contrario? Sarò l'unica, forse, ma io non l'ho mai fatta, oh! A volte è meglio essere sinceri, a volte è meglio non nascondersi dietro un dito: la verità produce ferite dolorose e la bugia costruisce trame che feriscono con dolore ancora più profondo. (Mamma mia, che discorsi seri!) E allora perché non dire che questa è stata la mia prima tarte tatin? Le esperienze sono tante e, finché avremo il tempo, non smetteremo di fare pratica. Ma ditemi un po': se il maritino si presentasse a casa con delle ciliegie invitanti, fresche fresche, che fareste voi? Io ipotizzo almeno quattro possibilità, vediamo se siete d'accordo. Possibilità numero uno: dissuadete il maritino a fare una rapida scorpacciata di ciliegie, imboccandovi a vicenda (che cosa romantica!). Possibilità numero due: ci fate un crumble od un clafoutis, dal momento che sono di moda e andate sul sicuro (sicura è soltanto una cosa, purtroppo!). Possibilità numero tre: ricordandovi che, nel caso delle ciliegie, "una tira l'altra", vi mettete alla finestra e le tirate addosso ai passanti (questa possibilità è più pazza delle altre e avrei dovuto optare per questa!). Ora veniamo alla possibilità numero quattro: ci fate una tarte tatin, dal momento che non ne avete mai fatta una e siete imperdonabili (io ho scelto questa, anche se le altre erano più allettanti). 


Vi devo ammettere un'altra cosa: la tarte tatin è semplicissima. Il nome mi ha sempre fatto simpatia, ma a volte il nome, di solito un bel francesismo d'alta cultura culinaria, nasconde complicati intrecci di tecniche stravaganti e pazzesche. Invece no, la tarte tatin si mostra tranquilla e poco complicata. Due note negative le vorrei comunque fare. (Oggi ho la mania di fare elenchi strani, ecco). Nota numero uno: potete scottarvi facilmente quando tenterete di ruotare la tarte (e non ditemi che non vi è mai successo!). Nota numero due: prima di potervi pappare per la prima volta la vostra bellissima tarte tatin, dovete attendere pazientemente ben quaranta minuti in tutto (mica cinque minuti, ecco ...). Ma, in fin dei conti, ne vale davvero la pena: come sempre, in cucina, ogni sforzo è ripagato, ogni scottatura è un premio, ogni fatica è amore.

Ingredienti (per una tarte di 17 cm di diametro)
- 250 gr di ciliegie
- 2 cucchiai di zucchero
- burro q.b.
- 1 rotolo di pasta brisée

Preparazione. Lavate e denocciolate le ciliegie, ma fatele rimanere intere, aprendole delicatamente a metà. Mettetele da parte. Coprite con carta da forno una teglia di diametro di 17 cm. Qui cospargete il fondo con lo zucchero e con qualche fiocco di burro. Ponete allora le ciliegie molto strette tra loro così da ricoprire tutto il fondo. Infornate a 180° (preriscaldato) per circa quindici/venti minuti. Tirate fuori dal forno e mettete da parte. Prendete la pasta brisée e ricavate due cerchi di diametro 17 cm. Sovrapponeteli uno sull'altro e con un mattarello schiacciateli un po' in modo tale da unirli. A questo punto delicatamente adagiateli sopra le vostre ciliegie caramellate. Cercate di premere ai lati. Bucherellate con uno stuzzicadenti. Infornate nuovamente a 200° per venti minuti. Sfornate e sformate, aiutandovi a capovolgere magari con un piattino e togliendo la carta da forno. Servite tiepida, magari accompagnata con una bella boule di gelato alla vaniglia. Bon appètit. 

sabato 1 giugno 2013

Crepes speziate alla panna, con patate e zucchine


Quella che vi racconto oggi è una storia vecchia come il cielo e antica come il tempo: la secolare inchiesta, mai risolta, riguardo alla duratura contesa tra il venerando Signor Guscio d'Uovo e la premurosa Signora Chioccia. Il processo continua da così tanti decenni, che ci si è dimenticati perfino del momento in cui cominciò (alcuni pensano che la lite risalga al tempo dei Dinosauri, altri ritengono che il principio di tutto sia riscontrabile nel periodo della formazione della Crosta Terrestre). In ogni caso, a non essere stato dimenticato è il motivo della discordia: fino ad oggi, inspiegabilmente, non si è riusciti a capire chi sia venuto prima, se l'uovo o la gallina. - No, badi a come parla - mi interrompe la Signora Chioccia - moderi i suoi termini, ochetta di una blogger! L'abbiamo offesa e me ne dispiace: è pur sempre una gallina, ma, in effetti, merita rispetto e commiserazione, dal momento che questo processo l'ha proprio stancata. - Infatti - aggiunge subito - per la rabbia faccio solo un uovo al giorno, e perfino malvolentieri, si figuri! Evidentemente la questione ha scosso tutta la sua persona così tanto, da renderle odiosa ogni minima forma di guscio. - Non me ne parli, ochetta-blogger! Ho una tale repulsione che, quando mi tocca covarne qualcuno, lo faccio fare a qualche mia amica, piuttosto che farlo io! Che situazione, ragazzi. Anche dall'altra parte, nel caso del secondo imputato, le cose non si sono messe bene, sapete? - Il suo è un eufemismo, signora - precisa adesso il Signor Guscio d'Uovo - dopo questa storia non dormo la notte e l'albume mi si frigge da sé, per la bile! L'azione diffamatrice della Signora Chioccia gli ha tolto da anni il lavoro, e per questo non ha potuto mai aprire la sua industria di Omelette: povero Signor Guscio d'Uovo.


  - Non lo scusi troppo, ochetta delle mie zampe, non lo scusi, sa?, perché, anche se nessuno vuole ascoltarmi, lui deve a me la vita, perdinci! La gallina ehm, la Signora Chioccia si scalda facilmente, come potete notare, e immediatamente giunge la saggia risposta della difesa. - Stia attenta a come parla, Signora Chioccia, perché, altrimenti, potrei chiamare a testimonianza perfino un bravo macellaio! Il Signor Guscio d'Uovo non ne può proprio più e ripete a tutti che lui ha pure una prova scientifica della sua superiorità: dice, infatti, che, secondo la teoria del Big Bang, l'Universo si è formato con l'esplosione di un suo trisavolo, il cosiddetto Uovo Cosmo Cosmico. E la scienza è dalla sua parte, signori e signore. - Screanzato e ingrato sei - lo calunnia la Signora Chioccia tutta rossa sul becco - ti meriteresti una beccata come si deve su quel guscio delicato! Come potete vedere, anche nel 2013 la questione non si è conclusa, l'inchiesta continua sempre e gli animi non si sono quietati: la Signora Chioccia insiste nel dire che lei è venuta prima perché madre per nascita e natura; il Signor Guscio d'Uovo ribatte imperterrito, avanzando disquisizioni astronomiche molto strampalate. E allora vi faccio una richiesta: chiunque sapesse qualcosa a riguardo, chiunque conoscesse la verità, chiunque avesse visto qualcosa di sospetto, chiunque volesse andare a testimoniare per una o per l'altra parte, è pregato di recarsi presso la Corte Generale dei Pollai e dei Tuorli Costituzionali. 


E per onorare questa Inchiesta su cui mi piacerebbe che voi diceste anche la vostra, ho preparato delle crepes, ragazzi. Riempite con panna, zucchine e patate diventano un pasto sostanzioso e d'una cremosità indicibile! Vi invito a farle, anche perché sono velocissime da fare, quando si hanno delle buone uova a disposizione. Quelle che vedete sono le uova delle mie gallinelle (dai, non mi faccio mancare niente nella mia campagna!) e quindi la genuinità è assolutamente garantita. E, se guardate alla fine del post, noterete anche una piccola sorpresa: la mia oca ha covato un uovo e da questo è nato un pulcino tenerissimo, il cui visetto ho voluto condividere con voi, dato che eravamo in tema, ecco. Bene, adesso siamo pronti per la ricetta, ma prima una considerazione: con tutte 'ste foto di uova, mi sembra Pasqua. E invece siamo a Giugno.


Ingredienti
Per le crepes salate
- 4 uova
- 1 pizzico di sale
- 125 gr di farina
- 200 ml di latte
- 1 pizzico di curcuma
- chiodi di garofano macinati q.b.
Per la farcitura
- 3 zucchine piccole
- 2 patate medie
- 1 pizzico di sale
- peperoncino q.b.
- 250 ml di panna da cucina
- 1 foglia d'alloro
- chiodi di garofano macinati q.b.
- 1 spicchio d'aglio
- curcuma q.b.
- 1 scalogno piccolo
- olio evo q.b.
- parmigiano q.b.

Preparazione. In una ciotola sbattete le uova con un pizzico di sale, di curcuma e di chiodi di garofano. Aggiungete piano la farina e mescolate senza creare grumi. Versate il latte. Mettete da parte. Nel frattempo tagliate a rondelle sottilissime le zucchine e le patate, dopo averle rispettivamente lavate e sbucciate. In una padella antiaderente mettete circa quattro cucchiai di olio d'oliva, dove aggiungete lo spicchio d'aglio (che subito toglierete) e lo scalogno tagliato sottilmente. Fate soffriggere le patate e le zucchine per circa dieci minuti, a fuoco moderato. Aggiungete sale, curcuma, chiodi di garofano macinati, un pizzico di peperoncino. Mescolate bene e infine aggiungete la panna. Dopo qualche minuto, spegnete il fuoco, il condimento è pronto. Prendete una padella antiaderente piccola riscaldata, al centro versate un mestolo piccolo del vostro preparato per le crepes. Con un gesto rotatorio, spianate lungo la superficie della padella. Quando notate che la parte inferiore è dorata, alzate un lembo, lo prendete e lo girate con un colpo veloce senza rompere la crepe. Fate dorate l'altra parte e procedete così per le altre. Terminato il tutto, riempitele una ad una con il composto e chiudete in quattro. Adagiate a schiera le crepes ripiene su una pirofila da forno. Irrorate con un filo d'olio extravergine d'oliva e spolverate con parmigiano. Infornate a 200° per circa cinque/dieci minuti. Verranno leggermente croccanti. Bon appètit.



lunedì 20 maggio 2013

La torta delle tre mele



Ve lo chiedo, miei cari: con tre mele si può? Per rispondere è giusto fare ricorso a degli illustri esempi paradigmatici del nostro memorabile passato. Quando penso ad una mela mi viene subito in mente quel frutto rosso che Eva addentò per prima, secondo la Bibbia: fortunata, lei, ad essere stata la prima a gustarne la sua succosa bontà. E allora mi chiedo: chissà quale delle tantissime varietà del globo avrà assaggiato la nostra first woman? Passando dal sacro al profano, il pensiero approda ad un reame antico, dove una mela avvelenata è stata a ragione resa nota al mondo da un gruppo di fratelli strampalati e amanti delle fiabe: quella di Biancaneve è di sicuro una mela rossa, dal fascino disarmante, ma dalla forza mortale ed avvincente. E cosa dire, invece, del povero Guglielmo Tell, che dovette colpire con una freccia una piccola mela posta sul capo del suo spaventatissimo figliolo? E poi mi ritorna in mente la mela della discordia, quella che fece strappare i capelli ad un gruppetto di splendide divinità dell'Olimpo, troppo viziate e troppo presuntuose, da ritenersi, prima che qualche Regina Cattiva ne reclamasse il titolo, le più belle. Beh, che dire: da tutti questi esempi questo frutto ne ha combinate delle belle! Litigi, morti, leggende, sonni profondi, ferite al cuoio capelluto, perfino il peccato originale! Che ci sia, fin dalla notte dei tempi, una congiura contro la Mela? Me lo son chiesto davvero. Ma no, ma no, non è proprio così, mi son detta. Mela vuole anche dire novità (pensate alla Apple!), vuol dire opportunità (pensate alla "Grande Mela", una New York tutta da addentare) e vuol dire scoperta (vi dice qualcosa quel geniaccio di Newton?). E poi, se proprio vogliamo dirla tutta, la mela è un frutto succulento, dissetante, curativo, che può, da solo, sostituire una merenda, completare appieno un pasto giornaliero. 


Dopo averne mangiate a sazietà, in questi giorni, stamattina ne ho trovate soltanto le ultime tre (anche i miei figli hanno svuotato la dispensa, adorano la frutta!). E mi son detta: che cosa m'invento con queste tre mele? Secondo i paradigmi di cui sopra avrei potuto: 1) avvelenarne qualcuna e regalarla ai noti parenti serpenti (no, non sono così crudele, andiamo!); 2) addentarle tutte e tre e soffrire le doglie del parto (ho già contribuito ben due volte nella mia vita, quindi penso che basti, perdinci!); 3) metterne una sulla testa dei miei figli e cercare di infilzarla con una forchetta (e se gli cavassi un occhio? No, meglio non farlo); 4) usarle per scoprire qualche nuova legge fisica o astronomica (magari fare luce su quei neutrini così presuntuosi da credere di viaggiare più velocemente della luce); 5) gettarne una nel bel mezzo di un banchetto nuziale e far adirare tutti i presenti (buona idea, ma sarà per un'altra volta). Oppure, pensandoci bene, 6) potrei preparare una fantasiosa ma semplicissima Torta delle tre mele (già il nome è tutto un programma, giusto?). Bene, allora non vi resta che vedere come è venuta. Ma non preoccupatevi: non è soporifera, né istigatrice di liti divine, né colma di cianuro. Anzi, secondo me è buonissima. E ditemi: con tre mele, si può?


Ingredienti
- 4 uova medie
- 250 gr di zucchero
- 300 gr di farina 00
- tre mele Golden
- scorza grattugiata di 1 limone
- 100 ml di olio di girasole
- 1 tazzina da caffè di latte
- 1 bustina di lievito per dolci
- 1 bustina di vanillina
- 1 pizzico di sale
- zucchero di canna q.b.
- burro q.b.

Preparazione. Prendete due ciotole. Nella prima sbattete le uova con lo zucchero. Nella seconda mescolate la farina, il sale, la vanillina, il lievito. Tornando alla prima, aggiungete, mescolando con le fruste elettriche, l'olio, il latte e la scorza di un limone. A questo punto unite il contenuto delle due terrine, ma non fate smontare il tutto (usate una spatola). Tagliate una delle tre mele a pezzetti piccoli e aggiungetela a questo impasto. Foderate di carta forno uno stampo di circa 24/25 cm di diametro e versate il composto. Sbucciate e tagliate a rondelle le due mele restanti, quindi coprite la superficie della torta con esse. Spolverate le mele con dello zucchero di canna e mettetevi sopra anche qualche ciuffetto di burro. Infornate a 170° per circa trenta minuti. Sfornate e bon appètit.



martedì 14 maggio 2013

Taieddhra con orata, patate e zucchine



Le cozze no. Lo ripeto, perdindirindina: le cozze no. Quando ho scoperto quale era stata la scelta di Cristian, vincitore del mese scorso, per la sfida di maggio, sono stata ben contenta della scelta del suo piatto salentino, a me sconosciuto e per questo interessantissimo, ma dal profondo del cuore ho tirato fuori un rifiuto viscerale: le cozze no. Non è che non mi piacciano (anzi, potessi mangiarle di nuovo ne farei una scorpacciata!), è che ne sono allergica. Un post di qualche mese fa era proprio incentrato su questo, ma, date le circostanze, sento il dovere di riparlarne. Inizialmente entusiasta ed euforica, colta da un fremito da pre-MTC, sono diventata subito ansiosa e preoccupata: temevo che, a causa delle maledettissime (e buonissime, ahimè) cozze, sarei stata costretta a rinunciare alla sfida. Eresia, dolore, disperazione! Non sia mai, non ho nessuna voglia di saltare un MTC, mica si scherza su 'ste cose serie. Con furia scellerata, in preda ai brividi di terrore, ho letto rapidamente il regolamento del mese, con le direttive sulla possibile "contaminazione" della ricetta proposta dal vincitore, sperando con tutte le mie forze che le cozze non fossero obbligatorie. Poi, l'illuminazione, la salvezza, il respiro di sollievo: "Le cozze", ho letto quasi urlando per la felicità, "potete sostituirle". Non mi sono mai sentita così grata nei confronti delle organizzatrici dell'MTC, sempre attente alle intolleranze, sempre precise nelle spiegazioni e sempre accurate nelle loro scelte. E, grazie al cielo, ho potuto anche questo mese fronteggiare l'adorabile sfida dell'MTC, anche senza le cozze, emblema di un ricordo poco simpatico. In effetti, il tema di maggio è proprio il ricordo. 


E quale migliore peggiore ricordo del momento in cui, d'improvviso, gonfiai come una mongolfiera piena di elio? Non è propriamente un ricordo "da ricordare", ma immaginatevi la scena: state mangiando con i vostri cari e, mentre date forchettate capienti al piatto di pesce con crostacei molto invitanti, cominciate a gonfiarvi come un palloncino da bambino, facendo concorrenza ai sommergibili propagandistici o alle più belle bambole gonfiabili (paragoni per nulla rassicuranti). E poi correte in ospedale e, nel tragitto, non vi riconoscete guardandovi allo specchietto. E poi i controlli e poi lo "sgonfiamento" graduale e progressivo, dopo le punture dei dottori. Un'esperienza poco invidiabile, che le cozze mi hanno fatto rimembrare. Ma non con tristezza, s'intende: mi fa sempre molto ridere ricordarmi in quello stato, dovevo essere molto ridicola, in effetti! In ogni caso, anche senza cozze, la mia taieddhra mi è piaciuta tantissimo. Ammetto che, dopo l'esperienza "intollerante" con gamberi e crostacei vari, ho riscoperto e apprezzato sempre di più pesci nobili ma sanissimi: qual è uno che adoro? Ma certo, l'orata! Poche spine (perché grandi ed evidenti) e filetto prelibato. Così mi son data da fare anche stavolta, mettendo un po' di me stessa pur nel rispetto della variegata tradizione salentina. 



Ingredienti
- 200 gr di riso Roma
- 4 patate medie
- 2 orate fresche
- 1 cipolla grossa
- 2 zucchine medie
- 4 pomodorini di Pachino
- manciata di grana 
- peperoncino q.b.
- rosmarino q.b.
- sale q.b.
- olio extravergine d'oliva

Per il brodo di pesce
- testa e lisca delle orate
- 1 carota
- sedano
- alloro q.b.
- 1/2 cipolla
-  pizzico di sale
- Prezzemolo q.b.

Preparazione. Cominciate dalle orate. Sfilettatele e ricavatene quattro filetti puliti e senza pelle. Estraete le possibili spine con la pinza. Mettete da parte. Con le teste e le lische, assieme a carota, sedano, cipolla, alloro, sale e prezzemolo, preparate un buon brodo. Quando è pronto, preriscaldate il forno a 160°. Tagliate allora a rondelle le cipolle, le zucchine e le patate. Mescolatele insieme con olio, sale, peperoncino e rosmarino tritato finemente. Ungete il fondo della pirofila (di coccio se l'avete) con l'olio e fate uno strato con le verdure. Sciacquate il riso in una scodella e fate uno strato sottile sopra le verdure. Mettete anche i pomodorini tagliati e adagiate i filetti, in questo altro strato. Versate tre mestoli di brodo. Spolverate con il grana e fate un altro strato di verdure. Completate il tutto con un altro po' di formaggio grattugiato e irrorate di olio extravergine d'oliva. Infornate a 160° per circa un'ora e mezza. Quando si crea una buona gratinatura superficiale, la taieddhra è pronta. Bon appètit.


Con questa ricetta partecipo alla sfida di maggio dell'MTC, la Taieddhra




martedì 7 maggio 2013

Profumo di Sicilia: Spaghetti alla siracusana



Penultimo appuntamento della rubrica Profumo di Sicilia: il viaggio alla scoperta di un po' di cultura culinaria siciliana è già agli sgoccioli. Uffa, non mi fate scendere la lacrimuccia, suvvia: lasciamo questi colpi di scena per il prossimo mese, che sarà l'ultima volta in cui vi inviterò a seguirmi nei meandri di un'assolata via di barocchi profumi, antiche tradizioni e accesi sapori mediterranei. Mediterranei come il primo piatto di questo mese. Ma no, signori e signore, non corriamo, non corriamo: si facciano le cose per bene, si vada per ordine. La città che "ci ospiterà" questo mese è Siracusa, fiore all'occhiello della Magna Grecia e illustre punto di riferimento culturale e artistico siciliano e italiano anche oggi. Come al solito, non faccio panegirici o elogi scontati, ma mi soffermo su alcuni elementi che di questa città mi ha sempre colpito e continuo ad ammirare. Mi preme segnalare un emblema della grandezza del passato, che si cerca di mantenere anche oggi con passione e creatività, ossia la tradizione delle Rappresentazioni classiche al Teatro Greco, organizzate dall'INDA. Io vi sono stata parecchie volte e non vi dico che emozione: rivivere quest'esperienza viscerale, assistere alle tragedie intramontabili o alle commedie comunque attuali, è qualcosa di unico. L'atmosfera del Teatro di Siracusa è impagabile, sedere su quei gradini vetusti, con il venticello delle sere di maggio (come queste) e il tramonto alle spalle, mi rendono ogni volta orgogliosa di questa città, che ha saputo far tesoro di un patrimonio artistico che, turisticamente e culturalmente, è davvero eccelso ed importante. (Si vede proprio che mi piace Siracusa, eh?). Ma non bastano le tradizioni, la mitologia, l'arte: c'è anche il paesaggio ad essere mozzafiato. Passate da Ortigia, passeggiate sulla costa, andate al mare. Ci tengo a riferirvi che anche Siracusa è stata dichiarata Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO: ecco un altro vanto siciliano, un altro vanto italiano. 


La cucina siracusana, com'è naturale, risente delle specialità siciliane per eccellenza (quali arancini, frutta di Martorana, granite artigianali, cannoli alla ricotta e molto molto altro), ma non mancano di certo piatti più rinomati e locali, di cui Siracusa rappresenta il punto di originaria formazione, poi diffusa in tutta la regione, come gli occhi di Santa Lucia (paste di mandorla in onore della santa patrona), le Zeppole (salate, con acciughe o ricotta), e perfino la caponata, davvero gettonata in questa zona. Due grandi simboli naturali dell'agricoltura e della cucina siracusana sono certamente il limone di Siracusa (rigorosamente IGP, mica bazzecole!) e i pomodori di Pachino, rubini tanto deliziosi. Proprio questi ultimi ho voluto usare nel piatto rappresentativo di Siracusa: mi piace il colore, rosso-Sicilia, mi piace la consistenza, la minuta bontà. Indecisa tra vari piatti che avrei potuto presentarvi questo mese, ho optato per un primo piatto che, come vi dicevo, ha il Mediterraneo dentro di sè: ci sono i colori accesi (giallo, arancione, rosso, verde, nero) e ci sono i sapori decisi e armoniosi (il carattere dell'oliva, la sfumatura del peperone, la dolcezza del pomodoro, la salsedine dei capperi e dell'acciuga, la caparbietà della melanzana). E' un piatto di pasta molto diffuso a Siracusa, soprattutto per l'uso di alcuni ingredienti, anche se ne esistono varianti molto diverse tra loro: c'è chi mette qualcosa, c'è chi ne toglie un'altra; si è immersi in una continua interpretazione, in una originale innovazione, in una fantasiosa ricerca del remix, della varietà, che io, personalmente, adoro. Perché? Perché la cucina siciliana s'evolve così, e non è mai la stessa, perché sempre cambia, perché sempre cresce il suo valore. Gustatevi 'sto piattino: eccovi servita un'altra fetta di Sicilia. 


Ingredienti (per quattro persone)
- 300 gr di spaghetti (o vermicelli)
- 200 gr di pomodori di Pachino
- 1 peperone giallo
- 1 melanzana
- 40 gr di capperi sotto sale
- 15 olive nere denocciolate
- 2 acciughe sotto sale
- 1 spicchio d'aglio
- sale e pepe q.b.
- 1/2 cucchiaino di zucchero
- basilico q.b.
- olio extravergine d'oliva q.b.

Preparazione. Mettete in forno il peperone a 200° fino ad abbrustolirlo su tutti i lati. Ponetelo in un sacchetto di plastica per alimenti e chiudete: lasciatelo intiepidire. Togliete la pelle e privatelo dei semi. Tagliatelo a piccole striscioline. Mettetele da parte (questa operazione può essere fatta anche il giorno prima, per avere tutto pronto). Tagliate a cubetti la melanzana, friggeteli e adagiateli su carta assorbente. Mettete anche questi da parte. In una padella mettete l'olio extravergine d'oliva (circa cinque cucchiai), l'aglio (che toglierete), le acciughe dissalate e spezzetate. Soffriggete per qualche minuto. Aggiungete i pomodori tagliati a pezzi e lo zucchero. Fate cuocere per alcuni minuti. A questo punto aggiungete i capperi dissalati, le olive nere tagliate a metà, il peperone a strisce e i cubetti di melanzana. Aggiustate di sale. Cuocete per qualche altro minuto. A questo punto il vostro condimento è pronto. Nel frattempo fate bollire l'acqua in una pentola: versate gli spaghetti e cuoceteli al dente. Scolateli e metteteli nella padella col condimento. Mescolate bene, continuando qui la cottura. Pepate. Servite con qualche fogliolina di basilico. Bon appètit. P.s. Io non l'ho fatto, ma, se volete, potete benissimo grattuggiare sopra dell'ottimo pecorino (gnam!).

sabato 4 maggio 2013

Gustare un profumo: Pancakes alle zagare



La delicatezza di un profumo inebriante. Il giardino punteggiato da stelle candide, che splendono al Sole pallido di Primavera. I petali trasportati dal vento, che con un soffio li disperde, in lontananza. I fiori delle arance, le zagare del mio giardino, mi riempiono di gioia: questo è il momento dell'anno in cui l'aria profuma davvero di vita, di natura, di verità. Non c'è smog che tenga, né fumo, né inquinamento che possano infrangere la magia di questa fragranza. Ma durerà per poco, vedo già i fiori diminuire, i petali giocare con il vento, un gioco troppo pericoloso, emblema del tempo che scorre, del ritmo incessante della natura, che mai s'arresta, mai riposa. E verrà l'estate, e andrà via il profumo. Ma resterà nella pelle l'essenza di una Primavera splendida, come queste zagare. Poeticamente coinvolta e quasi emozionata, ho voluto portare questi fiori anche nella mia cucina. Sì, sono commestibili e, facendo qualche ricerca (mentre c'ero, mi toccava!), ho scoperto anche che sopratutto le zagare hanno effetti vitalizzanti formidabili (contro il nervosismo, la stanchezza e problemi digestivi). Per i bambini sono ottime, per garantire un sonno più tranquillo. E' diffusa inoltre l'estrazione di un olio essenziale alle zagare, detto "neroli", dal cognome di una duchessa che amava a suo tempo profumarne i suoi guanti. E io, come li ho usate questa comete profumate? Li ho messe nei pancakes. Comete nei pancakes? No, zagare nei pancakes! Lo so, è un po' strambo, ma di sicuro originale e, vi assicuro vi giuro credetemi, il risultato è magnifico: riuscirete magicamente a "gustare" un profumo. Il mio piano era proprio questo: un'altra mission (im)possible, praticamente! Quando ho addentato il primo pancake (il primo che io abbia mai preparato da me, d'altronde!) ho gustato quel profumo, ho sentito un sapore fruttato che a parole non potrò mai spiegarvi appieno. Mi ha lasciato senza parole. La ricetta è veloce almeno quanto il "divoramento" a cui ho assistito, quando, a colazione, li ho presentati ai miei cari. Se aveste la possibilità, vi invito a provare: assaggerete un profumo col palato, per la prima volta. E non sarà mai l'ultima.


Ingredienti
- 150 gr di farina 00
- 1 uovo
- 100 ml di latte
- 40 gr di zucchero
- manciata di zagare
- miele di zagara q.b.
- 1 cucchiaino di lievito per dolci
- 1 pizzico di sale

Preparazione. Sbattete le uova con zucchero, latte, farina, lievito e sale. Mescolate bene per unire bene tra loro tutti i vostri ingredienti. Immergete i fiori delicatamente in un po' d'acqua (giusto per pulirli), ma non fateli sciupare e adagiateli poi su carta assorbente. Prendetene soltanto i petali e versateli nell'impasto. Mescolate. Su una padella antiaderente, ben riscaldata, adagiatevi un po' di impasto, preso con un mestolo della grandezza che preferite. Voltate il pancake quando vedete le bollicine, usando una paletta per aiutarvi. Cuocete ambo i lati, facendo attenzione a non bruciarli: è una cottura velocissima, di pochi minuti. Sistemateli su un piatto, magari uno sull'altro. Sciogliete il vostro miele, dandogli la consistenza che volete. A questo punto versatelo più o meno abbondantemente sui pancakes e gustateli preferibilmente caldi. Bon appètit. 










Con questa ricetta partecipo al Contest: Quick e Easy


Con questa ricetta partecipo al Contest: Colori in cucina



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